domenica 16 giugno 2013

a metà strada...

Mi sembra di stare esattamente a metà strada. 

Tra la cittadinanza e la politica.

 

di Gianluca Grassi





Mi sembra di stare esattamente a metà strada. Tra la cittadinanza e la politica. Sarà perché ho amici che fanno politica e ho altri amici che fanno società civile. E questo stare esattamente nel mezzo mi porta a sentirmi libero di partecipare, senza dover forzatamente appartenere, alla politica così come alla società civile.
Di questi tempi respiro crisi di partecipazione sia nella politica che nella società civile. C’è una differenza sostanziale però – ed è il motivo per cui negli ultimi anni ritengo più interessante condividere un impegno fuori dai classici luoghi della politica – fuori dai partiti si respira energia, passione, desiderio di ridefinire le parole della politica, in maniera condivisa. Ed è qui che sta il cortocircuito di fondo, in questo momento credo che la reale rappresentanza risieda al di fuori dei partiti. E questo lo hanno capito anche molte delle persone che fanno politica – in particolare quelli che la fanno ancora per passione e non da anni per professione. 
Perdonatemi se sono severo con la politica e con chi fa politica. Ma sono rimasto scottato quando avevo quasi 15 anni, credo fossi tra i più giovani nella federazione di via San Girolamo. Mi impegnai due anni, cercando di capire i meccanismi della politica. Ne uscii nell’estate del 1994, dopo che fummo chiamati a votare il nuovo segretario del partito. Quella volta, la base, a livello nazionale scelse Veltroni. E – pochi giorni dopo – il consiglio nazionale elesse Massimo D’Alema. Oggi non rimpiango nessuno dei due, ma il problema è che questa scena si è poi ripetuta altre volte… Spesso uno osserva un partito e non si capisce – dall’esterno – come avvengono le scelte e chi le fa.

C’è una frase di Calvino che vorrei condividere con voi: L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Oggi chi fa politica – i partiti – potrebbero darsi come obiettivo quello di individuare cosa non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Per fare questo con un minimo di obiettività, bisognerebbe abituarsi a considerarsi come parte integrante dell’inferno, per non cadere nella tentazione di salvare se stessi. Perché il rischio che corriamo tutti, ma è particolarmente grave in una persona che detiene un potere, è quello di salvare soltanto quello che abbiamo attorno: la nostra famiglia, i nostri amici, le cose che ci piacciono e in cui ci riconosciamo. E quando questo succede, la politica dà le peggiori prove di sé.


Anche se chi mi conosce superficialmente non lo direbbe, io sono ottimista. Infatti negli ultimi mesi mi sembra di percepire in alcuni luoghi della politica – la disponibilità ad ascoltare, confrontarsi, condividere. Questa attitudine non riesco a ricondurla soltanto a un calcolo elettorale, ma alla volontà di salvaguardare idee, progetti e visioni di futuro che prendono vita ogni giorno.
Sento molte parole rinascere al di fuori dei luoghi della politica. Parole come: spazio pubblico, servizi pubblici, trasporto pubblico locale, economia solidale, diritti, lavoro. Parole che hanno nella loro sostanza una nuova idea di futuro, stanno per entrare a far parte del mondo della politica, grazie a chi è in ascolto e vuole trasformare queste parole in azione concreta. A Reggio Emilia su un tema in particolare ci si sta giocando questo dialogo: quella dell’acqua pubblica, bene comune.

Dal punto di vista della politica, a volte deve essere frustrante avere a che fare con la cittadinanza, la società civile. Perché alcune volte anche tra la società civile prevale la visione particolare, invece dell’interesse collettivo, generale. E si pensa che il mio problema, sia il problema di tutti.
In questo l’azione politica può contribuire alla maturazione di queste esperienze, formando la società civile ai percorsi e ai tempi della politica. Perché spesso chi è impegnato nella società civile ha il difetto di non approfondire i tempi della democrazia, dell’amministrare la cosa pubblica.

È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.
Calvino ci avverte che la costruzione del futuro è fatto di desideri e paure. E di fronte abbiamo la possibilità di costruire il futuro, anche grazie alla crisi. La crisi ci sta costringendo a ripensare il ruolo delle istituzioni, le priorità, gli ambiti di intervento. E le basi che verranno poste, saranno determinanti perché si affermeranno o si perderanno diritti. Si salvaguarderanno o si faranno scomparire politiche.
Ed è per questo che di fronte alla costruzione del futuro, provo anche paura, perché in questo momento i partiti mi sembrano luoghi che hanno bisogno di essere ricostruiti, attingendo pensieri,  parole e proposte dai diversi mondi della società civile. Non assimilando, ma entrando in dialogo, costruendo insieme nuovi percorsi, in un nuovo modo di fare politica in modo partecipato. Un dialogo che deve avvenire non soltanto con l’obiettivo di una scadenza elettorale, ma come prospettiva politica che appartiene alla comunità.

Christopher Lasch scrisse nel 79: La "fuga dalla politica", come viene definita dall'elite dirigenziale e politica, può essere un segno che rivela la crescente riluttanza delle persone a partecipare al sistema politico nelle vesti di consumatori di spettacoli prefabbricati. Può non denotare affatto, in altre parole, un ritiro dalla politica, ma annunciare le fasi iniziali di una rivolta politica generale.
Come dicevo, sono ottimista, e credo che possiamo iniziare insieme a parlare di spazio pubblico, servizi pubblici, trasporto pubblico locale, economia solidale, diritti, lavoro. Perché D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.

Quindi chi fa politica potrebbe scegliere di iniziare un dialogo in grado di coinvolgere realmente la cittadinanza e elaborare così la città che vogliamo costruire, cambiando anche il ruolo della politica e dei partiti.
I partiti hanno luoghi fisici e persone che possono essere parte del cambiamento della comunità. E forse è venuto il momento di capire le modalità con cui questi spazi vengono pensati e come le persone vengono coinvolte e formate.
Gli spazi dei partiti sono le sezioni, le feste, le iniziative. Perché non far diventare le sezioni luoghi aperti alla produzione sociale, culturale e ricreativa del territorio? Perché non promuovere momenti di confronto dove non sono gli eletti o i rappresentanti ad avere la parola, ma dare la voce anche a opinioni altre, promuovendo una vera e propria formazione politica permanente? Quanti di voi hanno mai pensato, ad una riunione del vostro partito, che la persone che è seduta dietro o davanti a voi, sia di fatto un imbecille?
Le attività dei partiti. Perché non modificare le modalità con cui si “pensano” alle attività della politica, magari comunicando di meno, facendo meno riunioni in cui si parla a se stessi e pensando ad un luogo della politica in grado di mobilitare militanti e volontari in gruppi di acquisto solidale, in progetti a sostegno di del territorio, affiancando chi si occupa di distribuire pasti a chi ne ha bisogno o di fare attività di pulizia ambientale. Definire quindi una nuova funzione sociale dei luoghi e delle attività della politica, avvicinandosi così alla funzione di quella che finora abbiamo definito società civile.

Forse usare la parola “società civile” è sbagliato, abbiamo dovuto iniziare a praticarla a causa di questa distanza e questo voler rimarcare le rispettive identità. Una delle cose più belle che mi sono successe negli ultimi anni, è stata quella di partecipare al gruppo che ha sostenuto i Si ai quattro referendum sui beni comuni. Con alcuni dei gruppi o delle persone che fanno parte di questa realtà, ho sentito di essere distante ed a volte mi sembra di dissentire fortemente su alcune posizioni specifiche. E viceversa, come la penso io, non sempre va bene o piace a tutti. Questo percorso ci ha portato a rinunciare alle distinzioni, cercando di superare i confini di ogni identità specifica.
La scorsa settimana abbiamo fatto insieme la seconda edizione delle giornate dei beni comuni, che forse non è nulla di eclatante, ma è una pratica di cittadinanza fatta da tanti soggetti e persone che scelgono di non dover mettere loghi, timbri, firme a quello che viene proposto. Perché quello che deve passare è l’idea e non chi la propone.
In questo senso vorrei vedere dai partiti, dai movimenti politici, la capacità di chiamare a raccolta evitando di voler sempre timbrare e portare una firma a tutto. La capacità di perdere, smarrire e mettere in gioco un poco della propria identità è una delle condizioni necessarie per crescere, elaborare nuove prospettive, condividere idee, ritrovare – almeno un poco – il senso del noi.


venerdì 7 giugno 2013

Le giornate dei beni comuni - il programma




Programma completo delle delle giornate:


Il villaggio della SCUOLA dI PACE è lo spazio dove si svolgeranno  incontri  e  presentazioni  di  libri  sui  temi della nonviolenza, del disarmo e della pace. Animazioni e musica si alternano agli incontri per creare un luogo d’incontro nelle giornate dei Beni Comuni (qui il dettaglio).

Durante le giornate sarà attivo il PUNTO RISTORO a Km 0 in collaborazione con il Centro Sociale Catomestot e  Hortus:  buffet  dei  prodotti  dell’orto,  spiedini  di frutta e macedonie, torte salate e quiche, torte, bio-pizza e naturalmente gnocco fritto e salumi. Aperitivi (alcoloci e non), birra artigianale e vino.


per info: benicomuni.re@gmail.com




Venerdì 7 giugno - pomeriggio

 

VENERDI' 7 GIUGNO


Ore 18.00 > Reggio Emilia BarCamp 

 Idee e proposte per la città

 

individuo | comunità  >(welfare)

cultura | consumo >(cultura)

urbano | rurale >(territorio e urbanistica)

globale | locale >(internazionalità)

diritti | doveri >(responsabilità e legalità)

impresa | capitale sociale >(lavoro)

fiducia | speculazione >(credito)

pubblico | privato >(rapporto pubblico privato)

 



Ore 20.00 > concerto del trio “La brigata Lambrusco






La Brigata Lambrusco nasce nell’autunno 2012 dall’idea di 4 ragazzi di rinnovare la storia della musica della resistenza e la memoria delle tradizioni Emiliane; il gruppo alterna infatti il Combat-Folk ai canti popolari tipici dell’Emilia e la serietà dei canti “socialmente impegnati” all’ironia del canto popolare anni 50′. Il nome nasce proprio dalla usione di questi due tipi di memoria: da una parte la resistenza partigiana, in ricordo della gloriosa brigata partigiana reggiana (La Brigata Garibaldi), dall’altra le ROSSE tradizioni Reggiane con il buon vino “Lambrusco”.
Il gruppo ha sempre alternato la musica all’impegno sociale con numerose associazioni ed enti quali ANPI, centri sociali, collettivi studenteschi, ecc…

martedì 4 giugno 2013

Legge iniziativa popolare "Rifiuti 0"


DOMENICA 9 GIUGNO

ORE 16,30

Presentazione della campagna di raccolta firme per la legge di iniziativa popolare

 RIFIUTI ZERO

 

con Natale Belosi 
Estensore della Legge nazionale Rifiuti Zero, 
referente regionale della campagna in Emilia Romagna e 
componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Eco-Istituto di Faenza





Rifiuti Zero è una strategia che si propone di riprogettare la vita ciclica delle risorse in modo tale da riutilizzare tutti i prodotti, facendo tendere la quantità di rifiuti da conferire in discarica allo zero, contrapponendosi alle pratiche che prevedono necessariamente un processo di incenerimento o discarica. Il processo assomiglia al riutilizzo delle risorse fatto dalla natura. Tra i suoi maggior teorizzatori vi è il prof. Paul Connett, docente della St. Lawrence University (Canton).

Nell'industria questo processo coinvolge la creazione di attrezzature differenti da quelle utilizzate nella normale produzione capaci di rigenerare prodotti già utilizzati. Un esempio può essere il ciclo di una bottiglia di vetro per il latte. La risorsa iniziale è la sabbia silicica, la quale viene trasformata in vetro e successivamente in una bottiglia. La bottiglia viene riempita di latte e distribuita al consumatore. Al momento, i normali metodi di gestione dei rifiuti dispongono che la bottiglia venga gettata in discarica. Ma con il metodo Rifiuti Zero la bottiglia può essere affittata al momento dell'acquisto tramite un deposito, e viene riportata indietro dopo l'utilizzo. La bottiglia viene quindi lavata, riempita e rivenduta. L'unico materiale sprecato è l'acqua di risciacquo e l'energia utilizzata viene ridotta al minimo.

Rifiuti Zero può rappresentare un'alternativa economica al sistema dei rifiuti tradizionale, dove nuove risorse vengono continuamente utilizzate per rimpiazzare le risorse finite in discarica. Può anche rappresentare un'importante alternativa per l'inquinamento visto che la discarica produce una quantità significativa di inquinamento ambientale.

Schematicamente è possibile riassumere la strategia Rifiuti Zero in tre punti:
  1. eliminare l'incenerimento dei rifiuti e strutturare un sistema di raccolta che aumenti la quantità di materiale differenziabile ed ottimizzi la qualità del materiale da riciclare, diminuendo contestualmente la quantità di rifiuti prodotti;
  2. incentivare il riuso del materiale riciclato, la riparazione di oggetti e operare scelte di vita che diminuiscano la percentuale di scarti (es. uso di prodotti alla spina);
  3. sostenere la progettazione e la produzione di prodotti totalmente riciclabili, riutilizzabili e riparabili.
Il primo comune italiano ad aderire alla strategia Rifiuti Zero è stato Capannori (LU) in Toscana. Al 2013 sono circa 80 i comuni italiani aderenti alla Strategia Rifiuti Zero, per un bacino complessivo di oltre 2.000.000 di abitanti.